Domenica, 12 Maggio 2024

ABC… della Liturgia. Spunti di riflessione e qualche consiglio per le nostre assemblee. G come gesti liturgici: le Benedizioni nella liturgia e nella vita...

di Tonino Zedda

Il termine Benedizione (dal latino bene-dicere) significa “dire-bene”. Dire bene non vuol dire semplicemente parlare correttamente o usare formule positive, quanto piuttosto realizzare ciò che si esprime: si tratta, quindi, di un’azione che crea, che fa ciò che dice, è una parola potente. Della potenza della parola divina parla il racconto della creazione: Dio disse: «Sia la luce!». La luce fu (Gn 1, 3). Della stessa potenza di Dio testimoniano i miracoli di guarigione compiuti da Gesù: Lo voglio, sii guarito (Mt 8, 3), dice Gesù al lebbroso; e avviene ciò che dice. La Chiesa non può ripetere queste parole potenti come sue proprie, ma solo al posto di Dio. Quando il sacerdote nella celebrazione dell’Eucaristia pronuncia le parole di Gesù: Questo è il mio corpo, esse rendono presente ciò che dicono. Il pane diventa il Corpo di Cristo, perché Gesù ha ordinato così ai suoi discepoli. Ma quando la Chiesa pronuncia parole di benedizione, esse sono una preghiera a Dio. In questo non c’è una volontà di disporre di Dio, ma una fondata fiducia in quel Dio che ha accompagnato benedicendo Israele attraverso la storia e ha fatto dono alla Chiesa in Gesù Cristo della pienezza di ogni benedizione. Dio benedice e concede il suo dono e la sua vita. Noi rispondiamo benedicendo e lodando Dio. La benedizione delle case, del cibo, delle persone ecc. è ringraziamento a Dio per i suoi doni e impegno perché, in ciò che benediciamo, Dio sia presente e lodato. In altre parole con questo gesto s’augura il bene, si chiede l’amore di Dio su una persona, un avvenimento, una cosa. L’uomo ha bisogno del benedicere, del dire-bene, dell’essere benedetto. Egli lo accoglie da altri uomini che gli augurano del bene. L’uomo credente è certo che ogni augurio di bene che si fa tra uomini interpella Dio come sorgente d’ogni benedizione. Per questi motivi, molto opportunamente il Vaticano II ha chiarito chela benedizionenon è riservata solo a diaconi, preti e vescovi,in virtù del Sacramento dell’Ordine (come avveniva prima del Concilio), ma tutti i cristiani possono e devono benedirsi a vicenda: i genitori benedicono i figli, i figli i loro genitori, così pure gli sposi, gli amici, i colleghi di lavoro etc. Rimangono e hanno un profondo significato le benedizioni dei ministri sacri, che incarnano nella Chiesa il principio apostolico per un incarico speciale di Cristo stesso. Le parole di queste benedizioni vengono per lo più accompagnate da segni, come imposizione delle mani, segno di croce, acqua santa e incenso. Vi sono molti tipi di benedizione. Un libro di preghiere e di riti è sorto nella Chiesa, nel corso dei secoli, un volume che raccoglie le orazioni e le circostanze per benedire le persone e le cose, il Benedizionale. Si rivolge la preghiera a Dio, perché ponga la sua mano su ciò che viene benedetto e consacrato, e lo avvolga con la sua forza della sua benevola presenza. Questo libro liturgico dovrebbe essere non solo conosciuto ma anche usato, soprattutto da parte dei fedeli laici.

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