Lunedì, 13 Maggio 2024

 

ABC… della Liturgia. Spunti di riflessione e qualche consiglio per le nostre assemblee. D come Domenica: un regalo di Dio che dobbiamo riscoprire...

di Tonino Zedda

Dalla Lettera Apostolica Spiritus et Sponsa di Giovanni Paolo II:

Nel Signore Gesù e nel suo Spirito tutta l'esistenza cristiana diventa "sacrificio vivente, santo e gradito a Dio", autentico "culto spirituale" (Rm 12,1). Davvero grande è il mistero che si realizza nella Liturgia.

Nonostante sia abbastanza evidente che tanti cristiani hanno smarrito il senso della domenica e non frequentano più la celebrazione della Messa, la Chiesa continua a insistere sul valore del giorno del Signore. Nel radicale rinnovamento iniziato dal Vaticano II, anche la domenica ha ricevuto la grazia di una profonda purificazione per ritrovare la sua originaria identità nel contesto della vita della comunità ecclesiale. La domenica cristiana non è semplicemente il giorno sacro alla divinità, come nella tradizione pagana. Il Dio di Gesù Cristo non ha bisogno di giorni sacri: suo è il regno, sua la potenza e la gloria nei secoli e suoi sono tutti i giorni. La domenica non è il giorno di Dio è invece il giorno che il Signore ha fatto per noi. La domenica è il giorno primo e ultimo; il giorno che porta a compimento la storia e nello stesso tempo il giorno che segna l’inizio della nuova creazione. Il giorno che il Signore ci ha donato perché ciascuno possa diventare più uomo, secondo il modello di Gesù. Non a caso la Pasqua, madre di tutte le domeniche, è diventata fin dai primi secoli il luogo privilegiato per l’iniziazione cristiana, cioè per far nascere il cristiano a immagine del Cristo. Non senza ragione la domenica è diventata anche il giorno dell’Eucaristia nella quale rendiamo grazie a Dio che ci rende presenti e partecipi all’evento della Pasqua. I cristiani della prima ora dicevano: Senza la domenica non possiamo vivere. Senza la domenica viene a mancare la luce e la nostra vita piomba nel buio più totale. Molti cristiani non riescono a vivere e ad apprezzare la domenica perché non ne capiscono il significato profondo. Siamo chiamati ad annunciare, difendere e custodire il significato e la realtà di questa festa identitaria. Custodire la domenica significa dare senso alla vita, comunicare al mondo intero, con il nostro modo di vivere, in questo giorno, il vangelo della gioia, della comunione e della fraternità. Per custodire, celebrare e vivere correttamente la domenica è necessario eliminare un malinteso di fondo. Se la domenica è detta giustamente Giorno del Signore (Dies Domini), ciò non è innanzitutto perché essa è il giorno che l’uomo dedica al culto del suo Signore, ma perché essa è il dono prezioso che Dio fa al suo popolo: Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo. (CEI, Giorno del Signore 2). Se non si parte da questo corretto presupposto si rischia di presentare e vivere la domenica in termini moralistici e paganeggianti, riducendo tutto a un precetto da assolvere. La domenica è in primo luogo un dono, una festa da godere. Giustamente il Catechismo della Chiesa Cattolica presenta la liturgia in primo luogo come benedizione da parte di Dio (cfr CCC 1077-1083). È infatti Dio che ha qualcosa da donare a noi. Siamo noi che abbiamo bisogno di lui per conoscere la festa della vita uscendo dagli angusti spazi del nostro egoismo, dalla prigionia dei nostri idoli. Una visione corretta della domenica che modifica profondamente anche quella catechesi che amava presentare la messa domenicale come un’ora alla settimana da dare a Dio.

 

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