A come Ascoltare: un atteggiamento che apre e nutre la fede...
di Tonino Zedda
Premessa
Con la ripresa delle pubblicazioni, dopo le ferie estive, ho pensato di proporre ai nostri lettori, nel solco di questa rubrica sulla Liturgia, una serie di piccole riflessioni con qualche consiglio per l’animazione delle nostre celebrazioni. Ho deciso di seguire l’ordine alfabetico perciò, ogni settimana, mi fermerò a riflettere su alcuni ambiti della liturgia, nella speranza di poter essere utile ai lettori soprattutto a quanti vogliono mettersi a disposizione, rispolverando qualche concetto fondamentale e ricercando atteggiamenti e valori per una fruttuosa e piena partecipazione alla vita liturgica delle nostre parrocchie.
Ascoltare
Forse potrà sembrare strano ma la celebrazione liturgica fondamentalmente ci educa all’ascolto. E non pensate solo a quando, per mezzo dei lettori, ci trasmette il messaggio della Parola di Dio, ma anche quando colui che presiede (il ministro sacro) a nome di tutti rivolge a Dio la preghiera. Le preghiere del vescovo, del presbitero, del diacono non sono mai parole personali che un ministro rivolge a Dio, sono sempre la preghiera di tutta l’assemblea.L’atteggiamento della comunità riunita dovrebbe, quindi, sempre essere quello dell’ascolto attento. Le premesse al Messale Romano lo ricordano a chiarissimelettere: …tutti devono ascoltare con venerazione le letture della parola di Dio (OGMR 29); e ancora, La Preghiera eucaristica esige che tutti l’ascoltino con riverenza e silenzio” (n. 78). Chiarisco subito che ascoltare non significa subire passivamente le parole di altri (come succedeva prima della Riforma, quando la liturgia era in latino e la stragrande maggioranza dei fedeli, pur volendo ascoltare, non capiva il significato delle parole). Ascoltare significa sintonizzare il proprio cuore al mistero celebrato, entrandovi dentro; nell’ascolto profondo si realizza il primo comandamento della fede biblica: Ascolta Israele (Shemà Israel). È il primo atteggiamento positivo e attivo del credente. Non si tratta semplicemente di sentire: è interessarsi, assimilare ciò che si sente, ricostruire interiormente il contenuto del messaggio. Questo costituisce la sorgente e l’alimento della fede: La fede si attua continuamente con l’ascolto della Parola rivelata. Possiamo certamente affermare che la Chiesa è fondamentalmente una comunità che ascolta. Ogni comunità ha bisogno però di colui che la guida. Ma, anche il presidente della celebrazione ascolta… la parola di Dio proclamata dagli altri. Se il presidente, durante le letture fatte da altri ministri, è occupato a cercare fogli, a distribuire incarichi, a pensare all’omelia non solo non favorisce l’atteggiamento di fede dei membri del popolo di Dio ma si aliena, esce fuori dal contesto della celebrazione. Un momento delicato di ascolto, anche se poco praticato e, forse meno compreso, è anche l’assenza delle parole cioè il silenzio. In Sacrosanctum Concilium possiamo leggere: “Si osservi…, a tempo debito, il sacro silenzio” (n. 30). E l’OGMR ricorda che “si deve anche osservare, a suo tempo, il sacro silenzio, come parte della celebrazione” (n. 45). In una società come la nostra frastornata dai rumori, siamo portatipurtroppo a non cogliere il valore del silenzio e dell’ascolto. Uno scrittore ebreo, Manes Sperber, ha annotato con senso critico: La nostra epoca, la più verbosa di tutte, si esprime senza sosta e non riesce tuttavia a dire nulla”. Corriamo un grande rischio: anche le nostre assemblee, se non ci impegniamo ed educhiamo all’ascolto e al silenzio, rischiamo di non celebrare nulla: faremo forse belle cerimonie, anche solenni, ma non incontreremo né il Signore Risorto né i nostri fratelli.