Giovedì, 21 Settembre 2023

 

ABC… della Liturgia. Spunti di riflessione e qualche consiglio per le nostre assemblee. D come Diaconato: Gesù che lava i piedi e insegna l'umiltà...

di Tonino Zedda

Dal Rito di ordinazione dei Diaconi: Dediti alle opere di carità e di assistenza, i diaconi si ricordino del monito del beato Policarpo: Siano misericordiosi, attivi e camminino nella verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti.

Il Direttorio per il Ministero e la vita del Diacono Permanente precisa il ruolo della Carità nella vita del diacono: La sollecitudine fraterna della carità avvierà il diacono a diventare animatore e coordinatore delle iniziative di misericordia spirituale e corporale, quasi segno vivente della carità di Cristo" (Direttorio al n 70). Da questa chiarissima dichiarazione possiamo affermare che il “servizio della Carità” deve pervadere la vita del diacono che non può assolutamente limitarsi al mero assistenzialismo (es. la distribuzione di viveri e medicinali), egli deve essere invece l’anima dell’azione della caritas parrocchiale e/o diocesana in forza del suo essere ministro.

Già nel 1972 il Papa San Paolo VI volle per la Chiesa post-conciliare la nascita della Caritas, riconoscendo ormai esaurita la funzione della POA (Pontificia Opera Assistenza). È innegabile il prezioso provvidenziale che la POA, grazie al sostegno materiale della Chiesa Americana e del Vaticano, produsse specie in Italia aiutando, anche nella nostra diocesi con l’opera di mons. Fraghì e del suo segretario Dott. Campus, un grandissimo numero di persone stremate dalla povertà del dopoguerra. La Caritas fu voluta da Paolo VI con lo scopo di promuovere la vera Carità, che non escludeva l'attenzione e l’assistenza materiale ai bisognosi, ma che coniugava questa attività con un'opera di accompagnamento dei poveri, affinché si potesse risvegliare in loro una coscienza nuova e far emergere la propria dignità di persona. Significativa la definizione che Papa Montini diede alla Caritas: Prevalente Funzione Pedagogica. Tre preziose paroline che contengono un intenso programma di attività che aiuta tutti a guardare ai bisognosi nella loro giusta identità.
In questa definizione non si esclude l’attività assistenziale, ma si tende a responsabilizzare la persona e aiutarla a uscire dalla sua condizione di bisogno. Certamente quest’ultimo impegno è forse meno gratificante, ma è il più efficace. Per Paolo VI quindi la vera carità non chiede di fermarsi ai semplici gesti occasionali che lasciano l'altro nella continua condizione di dipendenza, che forse può essere addirittura anche più comoda per lui. L’autentico ministero del diacono si inserisce esattamente qui: come un progetto diretto a impegnare sia la persona interessata al suo bisogno immediato, che chi lo aiuta a liberarsene. Senza questa dimensione reale e continuativa il servizio del diacono rischia di essere solo un supporto cerimoniale per le liturgie che dovrebbero essere più solenni ma che, senza la concreta dimensione caritativa, rischia ancora una volta di essere solo un orpello.

 

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