di Tonino Zedda
L’uso del campanello nei riti liturgici va visto in stretto rapporto con la funzione delle campane. Ambedue hanno la funzione di richiamare l’attenzione dei fedeli sull’evento che sta per compiersi o si sta celebrando. Le campane chiamano il popolo di Dio alle celebrazioni che si svolgeranno nella chiesa e invitano alla preghiera privata (per es. l’Angelus: all’alba, a mezzogiorno e alla sera); inoltre, se suonate a festa, aiutano a creare un’atmosfera di gioia. Un compito simile hanno assunto anche i campanelli usati dentro la chiesa, che fanno la loro comparsa tra la fine del secolo XII e l’inizio del XIII. In quei secoli iniziò l’uso di elevare le sacre specie dopo la consacrazione del pane e del vino e di mostrarle ai fedeli presenti alla Messa. I ministranti richiamavano con uno squillo di campanello l’attenzione dei fedeli su questo momento. Sempre in quel periodo si aggiunsero altri squilli, che sottolineavano tutti i momenti importanti della celebrazione Eucaristica. Dopo la riforma Liturgica, con l’esigenza di eseguire una celebrazione più chiara e trasparente (con l’uso della lingua volgare ecc.), venne progressivamente a mancare anche la motivazione intrinseca per l’uso del campanello. I fedeli devono essere educati a partecipare in maniera più consapevole alla celebrazione e seguirne lo svolgimento in maniera attiva senza particolari segni di richiamo. In molte parrocchie e oratori comunque è rimasto (anche l’attuale Messale Romano lo prevede), l’uso di suonare il campanello alla consacrazione del pane e del vino. Nell’Introduzione Generale si legge: Poco prima della consacrazione, il ministro avverte, se ne è il caso, i fedeli con un segno di campanello. Così pure suona il campanello alla presentazione al popolo dell’ostia consacrata e del calice secondo le consuetudini locali (n. 109). I ministranti suonano anche quando si impartisce la benedizione eucaristica o in alcuni momenti della processione eucaristica pubblica. Il campanello può essere usato anche prima dell’inizio della celebrazione, quasi a dare il La agli strumenti e al coro per poter iniziare il Canto d’ingresso. I ministranti come trasmettitori del segno di pace. I ministranti svolgono anche un altro servizio importante, quando il sacerdote annuncia la pace e poi invita a scambiarsi il segno della pace. Nel Messale Romano leggiamo al riguardo: Se si ritiene opportuno, il diacono o il sacerdote aggiunge… E tutti si scambiano vicendevolmente un segno di pace secondo gli usi locali. Il sacerdote dà la pace al diacono o al ministro» (accolito). Di trasmissione della pace ai fedeli non si fa cenno esplicito. Essi possono scambiarsi anche direttamente il segno di pace. Ma per rendere più trasparente il simbolismo sarebbe opportuno trasmettere visibilmente e sensibilmente il segno di pace: i ministranti, ricevutolo dal sacerdote, abbandonano il presbiterio e lo portano ai fedeli, limitandosi a trasmetterlo ai fedeli che occupano i primi banchi. Secondo me questo gesto potrebbe sottolineare meglio che la pace è un dono di Dio e che parte dall’Altare. Inoltre, la Messa non ne riceverebbe alcuno danno se vi aggiungessimo segni e gesti adeguati al tempo e alla sensibilità degli uomini del nostro tempo.
(4. Continua)