Solo negli ultimi anni, grazie a una scrupolosa verifica delle fonti, è stato possibile rettificare alcuni assunti della storiografia, quindi correggere certe supposizioni a suo tempo avanzate (e poi date a lungo per certe) in merito alla genealogia dei regnanti arborensi.
di Nadir Danieli
Così oggi sappiamo che Ugone II fu figlio e non nipote di Mariano II (+1297), signore illuminato del giudicato. Il trono spettava a Ugone di diritto, in seguito alle brevi esperienze di Chiano (+1307) e Mariano III (+1321). Quest’ultimo, nonostante le pretese pisane, si era già riallineato al re d’Aragona Giacomo II, cui era stato infeudato il regnum Sardiniae dal pontefice. Non secondaria, tra gli episodi che rivelano i nuovi indirizzi politici, l’accoglienza riservata nel 1314 a Maria di Cipro (Lusignano) presso il palazzo giudicale di Oristano, durante il viaggio che l’avrebbe condotta al matrimonio con lo stesso re Giacomo.
Nel solco di Mariano, Ugone prosegue quella stagione prospera del giudicato, con importanti e determinanti scelte che segneranno per sempre il destino dell’Isola. Ugone si mostra subito assai ostile a Pisa, rifiutando alla città i tributi immotivatamente richiesti e avviando quella che sarà una delle più fitte e dense stagioni diplomatiche del giudicato. Egli invia infatti presso Avignone (diventata intanto residenza pontificia) e le sedi reali aragonesi una quantità di messi e procuratori, tra i quali spicca eminentemente l’arcivescovo arborense Guido Cattaneo (+1339), appartenente all’ordine domenicano.
L’Arborea nell’orbita della Corona d'Aragona
Nel 1323 Ugone sceglie di rendersi allora effettivo vassallo di Giacomo II, sfruttando la già solida alleanza e facendosi così interprete dei cambiamenti politici in atto sullo scacchiere mediterraneo. Il patto feudale stretto tra Ugone e il re d’Aragona ha però delle clausole speciali: il giudice dovrà sì pagare il consueto censo annuo (tremila fiorini d’oro), ma sarà esentato dal garantire la disponibilità di un contingente armato in caso di guerra. Inoltre vi è una chiara attestazione, un riconoscimento, spesso rivendicato per fini strumentali dai giudici del Trecento (e talvolta da qualche interprete della Storia a noi contemporaneo): il conferimento del feudo avviene per diritto, poiché i giudici arborensi da tempo immemore erano signori sulle loro terre. Signori e non certamente re, come tuttora qualcuno vorrebbe, ma pur sempre pienamente consci del loro potere e del loro ruolo. Ugone non ci pensa due volte a ingaggiare il confronto armato coi pisani, se non quasi una caccia alle streghe, con l’intento di rimuoverli fisicamente da ogni terra da lui controllata.
Il 13 giugno dello stesso anno intanto l’infante Alfonso d’Aragona sbarca nel porto di Palma di Sulci con oltre trecento navi e diecimila soldati, ottenendo l’omaggio dei sardi e avviando la prima campagna di conquista che si concluderà solo nel 1326, non senza ingente dispendio di risorse. Da subito era anche stato nominato il primo governatore dell’Isola, Filippo di Saluzzo (+1324), fedele cavaliere del re e padre di Costanza, futura moglie del giudice Pietro III. Ugone, in prima linea in molte fasi della conquista coadiuvata infatti dalle truppe arborensi, mostra intanto la prematura spia di una certa insofferenza. Rivolgendosi al re d’Aragona, gli fa notare che il popolo locale pare risentito della sua assenza e quindi della prima spartizione delle terre sarde tra gli importanti feudatari catalani, le famiglie Luna, Alagon, Urrea, Carroz e via dicendo: molti piccoli re illegittimi, in luogo del grande sovrano! Ugone riesce in effetti a servire da perfetto mediatore presso i sardi, ad esempio placando i dissidenti sassaresi, che mal tolleravano la nuova presenza iberica.
Nel 1328, intanto, il successore designato da Ugone, suo figlio Pietro, si porta col Cattaneo alla corte aragonese per rendere omaggio al nuovo re Alfonso per conto del giudice. I viaggi dei membri della corte arborense proseguono nel 1331-32, quando anche gli altri due cadetti Giovanni e Mariano (il futuro Mariano IV) vi vengono condotti per esservi educati e ordinati cavalieri, come in effetti avverrà pochi anni più tardi. Sono tempi in cui le dinamiche di potere e gli animi arborensi stanno mutando rapidamente; si documentano infatti partiti anti-aragonesi, come quello capeggiato dal misterioso Pietro de Athen, forse lo stesso personaggio che ritroveremo poi alla metà del secolo alla testa delle truppe di Mariano IV. Intanto nel 1329 si era tenuta in gran segreto una riunione presso Sardara, nella quale Ugone, il Cattaneo e Filippo Mameli, canonico e giureconsulto arborense, avevano discusso alla presenza del governatore Ramon de Cardona della definitiva cacciata dei pisani, ma anche del forte pericolo costituito dalla robusta presenza genovese nel Capo di Sopra, dove da tempo i liguri controllavano alcuni castelli.
Un giudicato ricco e potente
A Oristano si stavano nel frattanto approntando numerosi nuovi cantieri, come già era stato fatto per la ricchezza del giudicato nel secondo Duecento. È in questi anni che la città si dota delle nuove chiese di San Martino, della Maddalena di Silì e più tardi di quella di Santa Chiara. Ma la prima tra queste fabbriche sembra essere stata quella del transetto della Cattedrale, della cui fase gotica ancora sussistono importanti tracce. È qui, in una delle nuove cappelle intitolata a San Bartolomeo e sulla cui esatta ubicazione tuttora si discute, che Ugone volle essere sepolto coi suoi successori.
La nuova tipologia architettonica impiegata, nata dall’unione dell’aula coperta mediante capriate lignee e presbiterio quadrangolare voltato a crociera, è stata di recente definita arborense, nonostante si debba a specifiche scelte nella selezione e sintesi di alcuni elementi derivati dalle fabbriche francescane immediatamente precedenti.
A cavallo tra il regno di Ugone e quello di Mariano, verranno importate nell’Arborea molte prestigiose opere d’arte (il Crocifisso detto di Nicodemo, il polittico di Ottana, le colonne cariatidi della cattedrale di Oristano oggi a Francoforte), segno della grande disponibilità economica della corte giudicale e della rete di traffici commerciali dei quali Oristano risultava uno dei perni nel Mediterraneo.
Le ultime volontà del giudice
Ugone godeva di un altro privilegio concessogli dal re d’Aragona, che non tardò ad esercitare. Gli era infatti consentito creare a sua volta istituti feudali rivolti ai membri della sua famiglia e così fece nel suo celebre testamento, nel 1336, dettando precise disposizioni che intendevano delineare un sicuro futuro per i suoi figli e per le sorti del giudicato.
Il giudice morì il giorno successivo alla redazione del testamento, nello stesso anno in cui mancò il re Alfonso; l’uno lasciò il giudicato a Pietro III de’ Bas (+1347), l’altro il regno a Pietro IV detto il Cerimonioso (+1387). Ugone non poté vedere terminati i cantieri gotici voluti a Oristano, ma lasciò nello spirito e nei fatti una importante eredità, nella creazione tra l’altro di un gusto proprio della corte arborense nelle scelte rivolte a opere d’arte e architettura e, pur da formali vassalli del re, nel ricordare in ogni modo in atti e gesti le prerogative del potere giudicale portatore dei sentimenti del popolo.
La Sardegna all’indomani della conquista aragonese nel 1323-26: in verde i territori controllati dai liguri, in rosso quelli ormai in mano alla Corona d’Aragona e in azzurro quelli arborensi (Rielaborazione da F. C. Casula, 1992).
Bibliografia:
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