Lunedì, 13 Maggio 2024

Analizziamo ora alcuni momenti in cui il silenzio non solo si può celebrare ma, a mio avviso, sarebbe davvero urgente intervenire, per salvaguardare e comprendere meglio la dinamica dialogica della celebrazione...

di Tonino Zedda

Entrando in chiesa siamo accolti da un ambiente nel quale, prima ancora che si canti o si parli, regna il silenzio: è una dimensione, uno spazio e un tempo che ci consente (se lo cogliamo con fede e intelligenza), di sintonizzarci e di stare alla presenza di Dio. Quando tutto tace, parla Dio… ammonivano i padri del deserto! Il silenzio, dunque, non è assenza di parole ma sforzo per cogliere il segno di un Dio che si fa parola. Troppo spesso nelle nostre chiese, prima, durante e dopo le celebrazioni regna il mormorio o anche la chiacchiera inutile, davvero disturbante. Il silenzio invece evoca la presenza di Dio e prepara alla celebrazione cioè all’incontro con Lui e con i fratelli. Questo strumento non può essere opzionale, è una condizione indispensabile per ben celebrare: è rischioso eliminare questa dimensione ecclesiale e liturgica… pena il confezionamento di celebrazioni dove appaiono solo logiche e strutture umane. Nella liturgia il silenzio costituisce un linguaggio necessario: non solo se ne raccomanda l’osservanza, ma vengono previsti tempi e modalità specifiche, purtroppo, troppo spesso disattese. Nella celebrazione della Messa, tutta la liturgia della Parola dovrebbe essere attraversata dal silenzio: oltre a osservare le giuste pause previste, il silenzio costituisce l’atmosfera in cui la Parola risuona. I praenotanda del Lezionario insistono su questa dimensione: La liturgia della Parola si deve celebrare in modo che essa favorisca la meditazione; si deve perciò evitare assolutamente ogni fretta che sia di ostacolo al raccoglimento (n. 28). Il silenzio dovrebbe precedere la proclamazione delle letture, accompagnare la lettura stessa e infine, condurre i fedeli a un ascolto fruttuoso e a una risposta gioiosa. In altre parole, silenzio e Parola sono profondamente legati tra loro: il silenzio conduce all’ascolto, l’ascolto vive del silenzio. L’introduzione al Lezionario inoltre disciplina il silenzio: ne prevede cioè i modi e i tempi. Il silenzio dovrebbe precedere la proclamazione della lettura: il lettore, quindi, non deve salire all’ambone se non quando i riti di introduzione sono stati conclusi (al termine cioè della orazione colletta). In questo modo, l’assemblea avrà tutto il tempo per sedersi e predisporsi all’ascolto.

Sono previste brevi pause di silenzio tra le letture: dopo la prima lettura e il salmo responsoriale; tra il salmo e la seconda lettura, tra la seconda lettura e l’acclamazione al Vangelo. In quest’ultimo caso, il diacono o il presbitero, dovrà attendere qualche istante prima di alzarsi per proclamare il Vangelo. Infine, la liturgia della Parola prevede una pausa di meditazione dopo l’omelia, per favorire l’interiorizzazione delle letture e preparare la liturgia eucaristica. Spesso le nostre assemblee vivono con un certo imbarazzo questi tempi di silenzio, è necessario perciò una formazione graduale ma convinta, e non arrendersi subito se le nostre assemblee continuano nel malvezzo della chiacchiera. Solo così si potrà avere qualche beneficio e favorire l’ascolto.

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