Lunedì, 13 Maggio 2024

Con l’incenso e l’oro i Magi, secondo il racconto di Matteo, portarono al bambino Gesù anche la Myrra. Nella Bibbia si parla diverse volte e in vari contesti di questa antichissima medicina...

di Tonino Zedda

Vediamo più in profondità di cosa si tratta, soprattutto cosa significa e qual può essere il suo uso nella Liturgia. Anzitutto possiamo dire che la mirra è una resina profumata che seccandosi s'indurisce come l'incenso. Viene ricavata da un arbusto che cresce in luoghi deserti, soprattutto in Africa e in medio Oriente. Il termine originario significa sostanza amara. In tutta l’antichità veniva usata sia in polvere che in forma liquida, miscelata con olio d’oliva e balsamo. La mirra liquida è più pregiata perché è considerata allo stato puro. La mirra serviva come profumo per persone e cose e come medicinale, in quanto ritenuta antisettica e calmante. Nell'antico Egitto era adoperata nel rito dell'imbalsamazione (si credeva che avesse potere sulla morte), e come astringente e anestetico (una vera medicina). Nella Bibbia la mirra è citata 16 volte. Nelle cerimonie cultuali di Israele serviva per preparare la mistura olearia per l'unzione sacerdotale (Es 30,23) e per profumare le vesti cerimoniali regali (Sal 45,9). Anche l'olio per la consacrazione dei Re, dei profeti e, in ultima analisi, del Messia doveva essere confezionato con mirra. Veniva anche usata dalle donne per le maschere di bellezza, a questo uso si allude nel libro di Ester (Est 2,12). Nei libri sapienziali il profumo della mirra indica una particolare forma di saggezza: la Sapienza personificata è come mirra scelta che sparge il buon profumo (Sir 24,15); ma anche amore: nel libro dei Proverbi la mirra è un aroma afrodisiaco (Pr 7,17). Nel Cantico dei Cantici è citata ben 7 volte (Cant 1,13 e ss) per indicare il profumo dell'amore esclusivo e appassionato come esperienza appagante e come sofferenza che l'amore provoca qualora dovesse venir meno (cfr. Cant 5,5). Nel Nuovo Testamento, come dicevamo in apertura, la mirra è uno dei doni che i Magi offrono al neonato Gesù. È abbastanza chiaro che questo dono richiama Cant 3,16, che allude al cammino che dal deserto va verso la città, ma più in particolare Is 60,6, che annuncia il pellegrinaggio dei popoli verso Sion, benché in questo testo, che allude alla gloria escatologica, la mirra che sia anche segno di sofferenza, forse per il suo altissimo potere cicatrizzante e quindi terapeutico per le ferite. È interessante notare la presenza della mirra nel contesto della passione di Gesù: gli viene data mescolata con vino per alleviare le sue sofferenze: gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne volle (Mc 15,23). Dopo la morte di Gesù Nicodemo ne avvolge il corpo (Gv 19,39) con la mirra che, oltre a indicare l'effetto medicinale antisettico, significa la passione e morte di Gesù. Nei vangeli di Marco e di Luca, al mattino di Pasqua, le donne vanno al sepolcro con oli aromatici per ungere il corpo del loro Signore: un segno di amore che va oltre la morte ma anche l’attestazione simbolica di un corpo da onorare e da venerare. Nelle nostre celebrazioni la myrra si può usare da sola, specie nelle liturgie funebri, in quaresima e nel Mercoledì delle Ceneri per il rimando simbolico alla venerazione dei defunti e in memoria delle sofferenze di Cristo; se invece viene mescolata con le altre resine profumate (incenso) significa chiaramente la lode e la gloria al Signore Gesù crocifisso, morto e risorto per la salvezza.

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