a cura di MAC
Mammablues è divenuto uno tra gli appuntamenti più attesi dell'estate. Ci puoi raccontare come nasce questo evento e come si è sviluppato negli anni?
Nel 2007 l'allora sindaco di Nureci, Fabio Zucca, e la sua giunta erano appassionati di blues e già invitarono i primi artisti con l’aiuto dell’associazione Dromos. In particolare si creò un’ottima relazione collaborativa con Fabio Treves, che durò negli anni. Dall’anno successivo, il 2008, fu deciso di dare maggiore concretezza progettuale alle manifestazioni culturali a Nureci, attraverso un’operazione di marketing territoriale curata dal Festival Dromos.
L’immagine, veicolo dell’idea del progetto, fu ricercata attraverso la riflessione sulle colline mammillari del territorio della Marmilla. Sull’altura che sovrasta Nureci si individua una muraglia megalitica prenuragica, all’interno della quale si trova una roccia di granito naturale, nelle cui forme si riconoscono, dai più, quelle delle dea mater mediterranea. Da qui, il passo fu abbastanza breve nell’ideazione del nome Mammablues, che convinse tutti.
Furono quindi individuati i fattori di attrattiva, che sarebbero stati veicolati dal festival (che deve essere considerato una pubblicità del territorio): il centro storico (che negli anni fu interessato da una costante campagna di restauro e conservazione) e i siti archeologici (in particolare la muraglia con la roccia della Madre) e i beni ambientali (il museo a cielo aperto dei fossili di Muru e Cubeddu).
Fu anche programmato di potenziare la ricettività e l’offerta di servizi: nacque sin da subito il campeggio estemporaneo e negli anni seguenti la piscina. Il progetto si concentrò anche sulle location del festival, sfociando nella realizzazione dell’arena Mammablues, realizzata all’interno di un antico possedimento padronale che fu restaurato e che sorge sulla sommità del paese.
Nureci, da piccolo paese, diviene un centro culturale e musicale di primaria importanza. Può essere anche per altri centri una ricetta contro lo spopolamento?
Lo spopolamento ha cause oggettive e in molti potrebbero considerarle preponderanti (specie quelle di ordine economico), ma esistono anche cause soggettive. Un festival, così come ogni progetto collaborativo, può generare senso di apparenza. Il senso di appartenenza è una variabile cruciale nei processi di sviluppo umano. Esso consente di sperimentare empowerment partecipativo che può aiutare a realizzare comportamenti resilienti. Il detto la speranza è l’ultima a morire è ancor più vero quando non s’intende rinunciare ad affrontare processi che possono sembrare irreversibili e sovrastanti. Un festival non deve essere un’operazione aggiunta al territorio, ma deve poter nascere dalla comunità che si riconosce in esso e lo sostiene, unendosi nel perseguimento di obiettivi comuni.
Come nasce il programma del festival?
Il programma è il frutto dell’idea dell’incontro e del blues quale musica generativa (l’idea della madre terra che crea e protegge). Ogni anno quindi si cerca il ritorno all’origine (spesso identificato nei ritmi dell’Africa) assieme alla ricerca di nuove sintesi. Il festival è una creazione alchemica che compone elementi diversi, non solo artistici, ma anche tecnici, amministrativi, produttivi e umani (qualità delle interazioni tra la gente, comunità, organizzazione e pubblico).
Quale futuro per Mammablues? Quale prospettiva per la musica in Sardegna?
Lunga vita al Mammablues. Il festival è di tutti, spero che sia sempre considerato come un bene da proteggere e valorizzare, espressione degli sforzi di tutti e, come una mamma, dispensatore di benefici per tutti. Se continuerà a essere considerato come un dono che ci rifacciamo ogni anno, potrà durare, se prevarranno i protagonismi individuali cadrà, come tante altre iniziative di valore sono cadute e cadranno ancora. Per quanto riguarda la musica, essa è linguaggio universale che unisce i cuori e trascende le differenze, fa bene e ce ne vuole.
La musica è una delle espressioni del meglio dell’umanità: dovremmo interrogarci più spesso su cosa esprimiamo, essa non va mai a vuoto. Ci sono musiche che daranno speranza per secoli, mentre ci sono espressioni e comportamenti che non fanno bene, di cui non rimarrà che la vergogna.
Photo credits: Christian Sebis