di Michele Antonio Corona
Per chi ha visitato almeno uno di questi centri può dire di aver visto specialità culinarie del luogo a partire dalla loro preparazione artigianale, oggetti di uso comune ben esposti in case padronali curatissime, costumi antichi e arredi di grande valore, scorci paesani di notevole bellezza. Il tutto inserito in un insieme di iniziative volte a valorizzare le peculiarità locali e fare mostra delle particolari tradizioni del paese. Eppure, un aspetto sembra stridere notevolmente con questa cura: la sfilata delle maschere tradizionali. Basta consultare i programmi e si potrà notare che nel pomeriggio della domenica non manca mai questo momento. Per quanto importante aspetto tradizionale, non possiamo nascondere che appare quanto mai fuori luogo decontestualizzare il valore carnascialesco delle maschere per darle in pasto a turisti assetati e bramosi di portare a casa una serie di scatti fotografici, senza spesso comprendere per nulla il senso di quella maschera tradizionale. L’idea di fondo è offrire ai visitatori uno squarcio della festa di carnevale che altrimenti non avrebbero. Ma ciò è alquanto discutibile. È come se una famiglia abituata a fare il presepe a Natale lo riproponesse durante il pranzo di ferragosto a cui partecipano vicini e parenti. Sarebbe ridicolo! Si rischia di cadere più nel folklore che nella manifestazione delle proprie tradizioni e particolarità. Se il Carnevale non è in autunno ci sarà una ragione. Forse le maschere si possono mostrare a chi visita il paese, ma decontestualizzarle del tutto equivale a snaturare il loro significato arcano e profondo.