Non solo in Arcidiocesi ma anche per la Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione è tempo di trasferimenti. Dopo tanti anni di presenza a Oristano, padre Giovanni Petrelli lascia la città in obbedienza ai suoi superiori.
Con lui anche padre Alphonse Mevoh lascia la comunità oristanese, e la parrocchia di San Paolo dove era vicario da alcuni anni, per un nuovo incarico oltremare.
A pochi giorni della partenza, abbiamo rivolto alcune domande a padre Giovanni che, da 23 anni, era anche responsabile della Comunità Padre Monti di Oristano che ospita il Gabbiano, il centro di accoglienza per persone con disabilità intellettiva, relazionale e motoria.
Padre Giovanni, quali emozioni prova riflettendo sul trasferimento?
Per noi i trasferimenti sono all’ordine del giorno! Ogni tre anni avvengono le nuove nomine e tutti, per voto, dobbiamo praticare l’obbedienza verso i superiori e verso tutti coloro che siamo chiamati a servire. Io sono stato a contatto con tante realtà diverse come i ragazzi delle scuole medie, con i giovani che affrontano gravissimi problemi familiari, ho fatto l’animatore in una casa di riposo e poi, nel 1999, mi hanno inviato a Oristano dove, eccezionalmente, sono rimasto 23 anni. Cosa provo? Dopo tutti questi anni mi dispiace moltissimo lasciare questi ragazzi perché con loro e per loro ho vissuto momenti bellissimi anche in periodi difficili come quello della pandemia che, grazie a Dio, non ci ha impedito di riprendere a volare in alto proprio come fanno i gabbiani.
Dove è stato inviato? Con lei partirà anche padre Alphonse?
Ora andrò a Saronno, in provincia di Varese, dove si trova il santuario del nostro fondatore, padre Luigi Maria Monti, che conserva le sue spoglie e dove c’è l’adorazione perpetua, luogo dove avvieremo un centro diurno per anziani e dove mi occuperò di ciò che facevo prima di venire al Gabbiano. Io sono contento di questo: nonostante i miei 74 anni, Dio continua a darmi tanta forza per andare avanti. Questo è il nostro scopo e questa è la nostra realtà, una realtà che ci rende felici! Padre Alphonse, invece, verrà inviato a Velletri a fare il cappellano in una Casa di riposo.
Cosa trovò al suo arrivo a Oristano e cosa lascerà partendo?
Quando arrivai d Oristano trovai già una realtà avviata, operante e molto concreta. Il Gabbiano è nato nel 1983 e nel tempo in cui sono rimasto mi sono impegnato affinchè i ragazzi potessero sentirsi sempre più a casa! Guai a fare un giorno in più di vacanza perché è grande, in loro, il desiderio di vivere la realtà qui, al centro, dove si cercano l’uno con l’altro, dove si confrontano, lavorano insieme e sono felici. Proprio pensando a questo abbiamo creato, nel tempo, tanti laboratori, gite, feste e le due edizioni della marcia Camminiamo Insieme che ha coinvolto più di 2.000 persone vestite d’azzurro che hanno attraversato insieme Oristano attirando tante altre persone. Io ringrazio la Provvidenza per avermi inviato qui a vivere questa realtà e ammetto di fare fatica ad andare via perché mi sono sempre sentito coinvolto, abbracciato e amato da questi ragazzi che non hanno malizia, non hanno rancore e danno solo tanto affetto. In tutti questi anni ci siamo impegnati a creare una realtà del dopo di noi, una casa famiglia che ospiterà dieci persone con disabilità nel momento in cui perderanno i genitori. La maggiore preoccupazione nelle famiglie dei portatori di disabilità, infatti, riguarda proprio chi penserà a loro quando non ci saranno più i genitori. Questo era il mio sogno e ora vado via contento perché la casa è pronta ed è stata costruita grazie al supporto di tanti amici! Il mio successore, ovviamente, farà di tutto per avviare l’attività il prima possibile!
Quali sono le problematiche che incontrate nel tempo in cui viviamo?
Noi abbiamo bisogno di forze nuove, di gente e di giovani che abbraccino la nostra realtà e portino avanti ciò che abbiamo fatto fino a ora ma troviamo tanta indifferenza generale nei riguardi dei valori religiosi: le persone si allontanano dalla Chiesa e di questo noi siamo molto dispiaciuti perché sappiamo che i valori fondanti della vita sono quelli del Vangelo. Per questo al Gabbiano preghiamo insieme tutte le settimane per le vocazioni affinchè il Signore mandi ancora tanti operai nella sua messe. Noi cerchiamo di fare del nostro meglio ma chi fa tutto è Dio, noi siamo umili strumenti nelle sue mani, siamo come il pennello di Leonardo da Vinci che non si può vantare di aver fatto la Gioconda perché non è una sua opera. Madre Teresa diceva che siamo la matita di Dio, strumenti umili che non possono vantarsi di quel poco di bene che fanno. Siamo nelle mani di Dio e cerchiamo di fare qualcosa affinchè le persone possano vedere la sua presenza anche in un contesto difficile come quello che viviamo. Noi continueremo a seguire il consiglio che diede ai discepoli prima di salire al cielo: Andate in tutto il mondo a predicare il Vangelo e a fare opere di bene!
A cura di Valentina Contiero, foto di Ignazia Marini
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