Mercoledì, 24 Dicembre 2025

 

Lo spirito critico, inteso come la capacità di analizzare informazioni, distinguere fatti da opinioni e giudicare in modo razionale, è stato a lungo considerato una componente essenziale della vita sociale e dell’educazione.

di Alessandra Piredda

Negli ultimi anni, però, molti osservatori hanno notato un apparente indebolimento di questa capacità nelle masse. L’avvento dei social media, la grande quantità di informazioni disponibili e la rapida diffusione di contenuti di dubbia qualità hanno creato un contesto in cui il pensiero critico è messo a dura prova.

Lo spirito critico è più di una semplice attitudine a dubitare: è una capacità strutturata che include diverse competenze cognitive e metacognitive. Tra queste c’è la valutazione delle fonti, intesa come il riconoscere quali informazioni sono affidabili e quali no. C’è poi il riconoscimento dei pregiudizi cognitivi: ovvero comprendere come i propri schemi mentali possano distorcere il giudizio.

È inoltre utile procedere con una analisi dei dati e delle argomentazioni per distinguere le evidenze empiriche dalle opinioni soggettive. È fondamentale per lo sviluppo di una riflessione autonoma elaborare giudizi indipendenti, anche se contrastano con le opinioni di maggioranza. Storicamente, lo spirito critico è stato coltivato attraverso l’educazione formale, il dibattito filosofico e scientifico e la pratica del confronto con informazioni differenti.

Tuttavia, oggi, questo processo è fortemente influenzato dai mezzi digitali. Studi recenti hanno cercato di quantificare come lo spirito critico sia effettivamente diminuito. L’OCSE, in uno studio del 2022, ha rilevato che solo poco meno del 40% degli adulti possiede competenze avanzate nella valutazione critica delle informazioni. Questi dati suggeriscono che, sebbene le persone non abbiano perso completamente la capacità di pensiero critico, questo viene esercitato in modo selettivo, spesso limitato a temi di interesse personale o professionale.

In altri contesti, soprattutto online, il pensiero critico appare più debole. L’era digitale ha moltiplicato la quantità di informazioni a cui ogni individuo è esposto quotidianamente. Questo fenomeno, noto come information overload, porta a un sovraccarico cognitivo che rende difficile distinguere tra dati rilevanti e informazioni superflue.

La maggior parte delle persone, di fronte a una valanga di contenuti, tende a semplificare la selezione, affidandosi a scorciatoie cognitive e fidandosi di fonti percepite come autorevoli senza verificarle. I social media utilizzano algoritmi di personalizzazione che privilegiano contenuti simili a quelli già apprezzati dall’utente.

Questo meccanismo, sebbene aumenti il dibattito, crea le cosiddette filter bubble, ovvero le bolle informative in cui l’esposizione a opinioni contrarie o informazioni divergenti è minima. Il risultato è una polarizzazione cognitiva, dove le persone tendono a rafforzare le proprie convinzioni preesistenti senza metterle in discussione, diminuendo così l’esercizio dello spirito critico.

I social favoriscono la rapidità e la brevità dei contenuti, spesso sotto forma di post, meme o video di pochi secondi. Questa comunicazione frammentata incoraggia una lettura superficiale, riducendo il tempo e l’attenzione dedicati all’analisi critica.

Il desiderio di approvazione sociale poi, misurato in like e condivisioni, porta molte persone a conformarsi all’opinione dominante o a condividere contenuti sensazionalistici senza verificarli. La gratificazione immediata dei social diventa così un incentivo a rinunciare al dubbio critico, privilegiando la rapidità invece che la riflessione.

Inoltre, la facilità con cui le informazioni non verificate possono diffondersi (online) favorisce la proliferazione di notizie false. Le persone meno critiche tendono a condividere senza discernimento, contribuendo alla creazione di un ecosistema informativo distorto.

Piattaforme come Facebook, TikTok, X e Instagram utilizzano algoritmi che amplificano contenuti altamente coinvolgenti, spesso quelli più emotivi o controversi. Questo aumenta la probabilità che le persone reagiscano impulsivamente, senza analizzare criticamente le informazioni.

Tuttavia, il declino percepito non significa che le persone siano incapaci di pensare criticamente. Piuttosto, indica che lo spirito critico richiede strumenti, educazione e consapevolezza per essere esercitato efficacemente nell’era digitale.

Rafforzarlo è possibile: investendo in alfabetizzazione digitale, sviluppando competenze logiche e analitiche e imparando a gestire la propria esposizione ai social, ogni individuo può proteggersi dalle distorsioni cognitive e contribuire a una società più informata e consapevole.


 

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