Da qualche settimana si parla, di nuovo, delle aree idonee nell’Oristanese: idonee per cosa? Di che si tratta? L’espressione viene utilizzata per indicare quelle zone, pubbliche o private, in cui è possibile installare impianti per la produzione di energie rinnovabili, con un iter accelerato e agevolato rispetto alle aree ordinarie.
* di Mauro Solinas, avvocato
Di solito sono zone industriali, artigianali o commerciali, oppure siti dismessi, cave o miniere, e in certi casi, anche terreni agricoli. Gli impianti sono costituiti principalmente da pannelli fotovoltaici o pale eoliche. In Sardegna c’è una legge, che proprio nei giorni scorsi ha compiuto un anno, la numero 20 del 2024, con la quale sono state individuate una serie di aree idonee (ma anche di superfici ordinarie, e di aree non idonee) al fine di favorire la transizione ecologica, energetica e climatica, tenendo però in considerazione, oltre alla pianificazione energetica, anche l’esigenza di corretto governo del territorio.
Alcune modifiche del mese scorso hanno precisato i termini del bilanciamento. E proprio questi criteri hanno guidato la scrittura dell’Allegato F alla legge, in cui sono descritte le caratteristiche delle aree idonee, e soprattutto degli Allegati da A a E che indicano le aree non idonee all’installazione di impianti di alcun tipo. Il Consiglio Regionale è stato molto attento alla salvaguardia dei territori, limitando per quanto possibile la possibilità di speculazioni dannose. Solo che… siccome la legge regionale è stata promulgata in base a un decreto ministeriale del 2024, del quale alcune ordinanze del Consiglio di Stato hanno poi sospeso l’efficacia proprio nella parte che permetteva alle regioni di escludere l’idoneità per determinate aree, il risultato quale è? Che la legge regionale rimane sostanzialmente inapplicata, e anche in Sardegna vale la normativa nazionale del 2021, notevolmente più permissiva. Non sorprende, perciò, che sia partita la caccia ai territori: applicando i criteri meno rigorosi, recentemente il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) ha deliberato la compatibilità ambientale di un gigantesco impianto fotovoltaico fra Milis e Tramatza, che dovrebbe estendersi su una superficie di oltre 100 ettari, sia pure parzialmente sollevato dal suolo per non impedire del tutto la coltivazione. Il progetto prevede anche una grossa stazione di accumulo, che verrebbe collocata nella stessa zona.
Si tratta di aree tutte escluse dalla legge regionale, ma nelle quali, grazie anche a pareri favorevoli del MASE sulle valutazioni di impatto ambientale, pare certo che i pannelli ci saranno. Appena una settimana prima era arrivato un altro parere favorevole, sempre del MASE, per un altro mega impianto fotovoltaico nel sito Unesco di Putifigari, proprio intorno a una necropoli di domus de janas, nonostante il parere contrario della Soprintendenza locale e del Ministero della Cultura. E nonostante la preoccupazione del Ministero dell’Ambiente, che ne teme l’impatto.
Difficile capire se potranno esserci ricadute positive per l’Isola: è certo invece che i principali beneficiari dell’installazione a Milis e Tramatza saranno due società attive nel settore delle energie rinnovabili in tutta Europa, Asia e America Latina, una delle quali controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. In pratica, se l’impianto si realizza, lo Stato ci guadagna. Come dare torto, allora, a chi solleva dubbi sulle ragioni per le quali la legge regionale è stata bloccata?

In una nota ufficiale, pubblicata sul sito della Regione sarda il 2 dicembre scorso, si legge che l’assessore regionale dell’Industria, Emanuele Cani, ha depositato all’8ª Commissione permanente del Senato una memoria illustrativa e un pacchetto di emendamenti al disegno di legge n. 1718, di conversione del decreto-legge 21 novembre 2025, n. 175 Misure urgenti in materia di Piano Transizione 5.0 e di produzione di energia da fonti rinnovabili.
Gli emendamenti, è spiegato, sono stati elaborati di concerto tra gli Assessorati regionali dell’Industria, della Difesa dell’Ambiente e dell’Urbanistica, sotto il coordinamento della Presidenza della Regione Sardegna. Si tratta, evidentemente, di un passaggio molto importante sul tema delle rinnovabili e delle aree idonee, ma certamente anche e soprattutto sul tema delle competenze e dell’autonomia della Regione Sardegna nell’ambito della produzione e della distribuzione di energia.
Nel suo intervento, infatti, l’assessore Cani ha sottolineato le rilevanti criticità del decreto: Desta perplessità l’utilizzo dello strumento della decretazione d’urgenza e la mancata previa acquisizione dell’intesa in sede di Conferenza Unificata, una scelta che appare motivata dall’intento di eludere tale procedura, ha detto dinanzi alla Commissione, aggiungendo che una simile modalità di intervento risulta poco rispettosa del ruolo delle Regioni e delle Province autonome, in una materia, quale quella della produzione e distribuzione di energia, che coinvolge sia la competenza concorrente, secondo quanto disposto dall’articolo 117 della Costituzione, sia, per le Regioni a statuto speciale, competenze primarie, tra cui quella della Regione Sardegna in materia di governo del territorio e urbanistica.
Una prassi che, ha osservato ancora l’assessore, determina inoltre una grave lesione del principio di leale collaborazione, più volte richiamato dalla Corte costituzionale come canone imprescindibile nei rapporti tra lo Stato e le autonomie territoriali.
Sul piano delle competenze, la memoria evidenzia come l’individuazione statale delle aree idonee rappresenti una compressione delle attribuzioni regionali in materia di governo del territorio ed energia, in contrasto con l’articolo 117 della Costituzione e con le prerogative delle Regioni a statuto speciale.
Sono diversi i punti contestati al Governo da parte della Regione: ecco perché il lavoro d’insieme dei vari assessorati interessati, ha prodotto una serie articolata di emendamenti. Tra le finalità messe in evidenza quelle di rafforzare il ruolo programmatorio delle Regioni, in particolare di quelle a statuto speciale; ancora, quella di limitare l’individuazione delle aree idonee alle sole superfici compromesse o degradate; introdurre maggiori tutele per le aree agricole di pregio e per i paesaggi rurali storici e garantire una protezione effettiva dei siti UNESCO e delle relative zone di rispetto; infine, di disciplinare in modo più equilibrato l’agrivoltaico e l’uso degli invasi idrici e consentire alle Regioni che abbiano già raggiunto gli obiettivi di potenza installata di modulare ulteriormente le proprie scelte territoriali.
Gli emendamenti proposti hanno principalmente l’obiettivo di limitare la realizzazione di impianti FER in queste aree, dove inciderebbero in maniera significativa sul valore e sulla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico nazionale, ha spiegato l’assessore Cani.
È molto probabile che ulteriori eventuali emendamenti potranno essere proposti e discussi in sede di Coordinamento tecnico e in Commissione politica. Però, la presentazione degli emendamenti alla Commissione del Governo mostra un intervento deciso della Regione come forse ancora non aveva fatto, difronte a un quadro normativo che spesso appare indecifrabile almeno sul tema delle energie rinnovabili: tanto indecifrabile che la pianificazione verso la giusta transizione energetica sembra mettere in evidenza un accentramento del Governo delle decisioni, un esautoramento dei territori e delle regioni senza una adeguata visione di insieme e senza che i soggetti interessati possano disporre di norme di riferimento equilibrate.
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