È una questione che riguarda ciascuno di noi, e a cui non si sfugge: Totò la chiamava livella, intendendo che con il suo sopraggiungere si diventa tutti uguali. Si tratta della morte, naturalmente, che conclude il percorso terreno e che, da sempre, richiede una corretta gestione del processo biochimico cui va incontro il corpo.
* di Mauro Solinas, avvocato
In tutte le civiltà sono stati formulati riti e procedure, e alcune culture hanno privilegiato l’allontanamento fisico della salma mediante inumazione (seppellimento nella terra) o tumulazione (seppellimento in loculo o tomba); altre hanno cercato di fermare il processo di disfacimento con l’imbalsamazione; altre ancora, al contrario, hanno inteso accelerarlo attraverso il fuoco, e cioè la cremazione.
In Italia, sicuramente, prevale la tumulazione: tuttavia, da alcuni decenni, le richieste di cremazione sono in aumento, e gli ultimi dati disponibili raccontano che ciò è avvenuto per oltre il 34% dei decessi. Per qualcuno potrebbe trattarsi di evitare il sentimento di disagio, o di sconcerto, per la lenta decomposizione; oppure il desiderio di dirigere la dissoluzione del corpo verso l’alto; ma nella maggioranza dei casi la scelta avviene per questioni pratiche ed ecologiche, legate alla carenza di spazio nei cimiteri, ai costi delle sepolture tradizionali e a una crescente sensibilità ambientale.
In Italia è regolata principalmente dalla legge n. 130 del 2001, che disciplina la pratica funeraria, la dispersione delle ceneri e l’affidamento dell’urna ai familiari. Era tuttavia già contemplata nel regolamento di polizia mortuaria del 1990, che però non prevedeva queste possibilità. Ogni Regione ha poi proprie norme: in Sardegna esiste la legge regionale n. 32 del 2018, che ha introdotto la possibilità di indicare la destinazione delle ceneri.
Da un punto di vista pratico, è importante che la persona abbia espresso chiaramente la sua volontà in vita tramite testamento, iscrizione a una società di cremazione o dichiarazione ai familiari. Successivamente al decesso, la comunicazione della volontà di cremazione deve essere fatta all’ufficiale di Stato Civile del Comune che rilascerà l’autorizzazione: è quindi necessario che i familiari vi si rechino e rendano un’apposita dichiarazione, oppure consegnino copia del testamento, o avvisino subito la società a cui il parente era iscritto.
Se non ci sono familiari, o c’è il dubbio sul rispetto delle proprie volontà, è possibile nominare un esecutore testamentario che darà attuazione alle disposizioni di ultima volontà. Queste attività non possono certo essere compiute con calma dopo le esequie. Si pensi per esempio alla scelta del tipo di bara, che è diversa se destinata a tumulazione o incenerimento: nel primo caso c’è un rivestimento di zinco all’interno, che manca nel secondo; inoltre, se è destinata alla cremazione, il legno è più sottile.
Infine le ceneri, racchiuse in un’urna sigillata, possono essere tumulate in apposito loculo o in una tomba di famiglia, o conservate in casa, o disperse nel luogo preferito (area apposita in cimitero, natura, aree private all’aperto ma non nei centri abitati) e con le modalità prescelte. In particolare la dispersione in mare, nei tratti liberi da manufatti e natanti, è consentita a distanza non inferiore ad un chilometro dalla linea di costa, purché non si tratti di area protetta. La cremazione, in definitiva, è segno di riflessione, e di scelta del modo in cui il proprio corpo lascerà il mondo.
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