La data del 5 novembre 1925 è scritta in rosso nelle cronache dell’archivio del convento oristanese di San Francesco. Quel giorno padre Giovanni Sotgiu, nato a Norbello nel 1883, fino a sei mesi prima segretario della provincia francescana sarda e guardiano del convento di San Francesco di Oristano, raggiunge la missione di Hingan, nello Shensì Meridionale, una zona povera e montuosa della Cina centrale.
* di Mario Girau
Non è solo. Lo accompagnano cinque confratelli che, lasciata l’Isola, hanno voluto seguirlo in un’azione ad gentes, sollecitata da papa Pio XI alle congregazioni religiose, che costerà il martirio in odium fidei al missionario sardo, che forse non sarà mai riconosciuto dalla Chiesa.
Primo di 12 figli (nove maschi e tre femmine) nati dal matrimonio tra Antonio e Caterina Contini, battezzato due giorni dopo la nascita, Giovanni frequenta la scuola elementare di Norbello prima che la famiglia traslochi (nel 1895) a Ghilarza. Giovanissimo si trasferisce a Sassari, dove frequenta le scuole medie, il ginnasio, il liceo e poi l’università. Per qualche anno è ospite del Collegio Nazionale Canopoleno.
Dopo la laurea in giurisprudenza, espletato il servizio militare, anziché frequentare le aule giudiziarie, Giovanni bussa al convento oristanese di san Francesco per iniziare il percorso di formazione che lo porterà, nel 1912, al sacerdozio.
Nel 1913 si laurea in teologia e incomincia il giro per i conventi sardi della sua famiglia religiosa: Iglesias, Bosa, cappellano militare della Brigata Sassari nella Grande Guerra, Oristano. Nel 1925 la svolta missionaria. Il Capitolo generale dei frati minori accoglie l’appello di papa Pio XI e decide di aprire due nuove missioni.
Ma la risposta delle comunità religiose conventuali lascia a desiderare. Il progetto rischia di fallire. Il ministro provinciale della Sardegna, padre Luigi Carta, delle scarse adesioni parla con fra Giovanni Sotgiu, che accetta con grande entusiasmo e col suo carisma convince altri cinque confratelli sardi a partire con lui.
Il 7 luglio i sei nuovi missionari lasciano l’Isola. Il 31 dello stesso mese da Brindisi si imbarcano per la Cina. Il viaggio in mare dura 43 giorni. Dopo l’arrivo al porto di Shanghai l’11 settembre, la spedizione sarda impiega altri 55 giorni avventurosi prima di raggiungere, il 5 novembre, Hingan. I frati si lanciano con entusiasmo nell’opera di evangelizzazione.
La stampa missionaria francescana scrive del frate di Norbello: Guerre, guerriglie e scorribande di briganti agitano la zona e il padre Giovanni si muove con i confratelli, da vero equilibrista, da una fazione all’altra, nel tentativo di pacificare gli animi e rincuorare i poveri cristiani. In una relazione inviata alla Curia generalizia nell’estate 1929, quattro anni dopo l’arrivo, i risultati raggiunti: apertura di cinque case con presenza stabile dei missionari, di 15 scuole elementari, quattro orfanotrofi, quattro farmacie, tre chiese e 17 cappelle, ben 5187 catecumeni e 1142 battezzati.
Numeri che nel 1928 avevano indotto Pio XI a erigere la missione di Hingan, estesa su un territorio di 25mila Km quadrati con circa due milioni di abitanti, e nominare fra Giovanni primo Prefetto Apostolico, con dignità episcopale. Il frate di Norbello nell’ottobre 1930 sintetizza così i suoi programmi: Non sappiamo che cosa il Signore permetterà in un più o meno prossimo futuro. Qualunque cosa capiti siamo nelle mani di Dio, cui ci assoggettiamo in tutto e per tutto. Padre Sotgiu lascia spesso la sede di Hingan per visitare le comunità sparse in un territorio vasto come la Sardegna. Il 12 novembre 1930, mentre rientra da una delle sue missioni, è aggredito e massacrato da una banda di briganti che cercano soldi.
Ucciso e sepolto in una buca con due dei suoi quattro accompagnatori, quelli cristiani; gli altri non ancora battezzati vengono risparmiati. Un fatto che lascia pensare che anche l’odio religioso abbia mosso la mano dei banditi. I cadaveri degli uccisi vengono ricuperati da un catechista che li sistema in tre bare.
La bara di mons. Sotgiu viene portata a Hingan, dove si svolgono i funerali solenni con partecipazione di tutte le autorità civili e della grande massa di cittadini buddisti e musulmani. Nel 2002 la Congregazione per le cause dei santi autorizza l’arcivescovo di Oristano, mons. Pier Giuliano Tiddia, a introdurre la causa di beatificazione e il 14 settembre 2004 viene firmato il relativo decreto diocesano.
Dopo alcuni anni di lavoro e di raccolta di documentazione, il processo si è fermato. Non si sa neppure se potrà andare avanti. I frati hanno difficoltà a trovare in Cina testimonianze storiche e perfino la tomba dove è sepolto p. Giovanni Sotgiu.
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