Si sente spesso dire che far ricerca sul Medioevo sardo è un’impresa: le fonti scarseggiano! Ma è davvero così? Lo storico Corrado Zedda scrisse che i documenti per ricostruire la storia medievale dell’Isola ci sono tutti, ma vanno riesaminati attentamente. Inoltre, le campagne di ricerca archivistica continuano a sorprendere.
di Nadir Danieli
Tra i rinvenimenti più recenti, ricordiamo quello presentato lo scorso 16 giugno (edito nel 2022) al Museo Diocesano Arborense dal ricercatore Giovanni Strinna. L’Archivo Histórico Nacional de Madrid ha restituito, attraverso redazioni seicentesche, documenti inediti sulla storia del Giudicato d’Arborea, comprese alcune carte perdute del condaghe di Santa Maria di Bonarcado. Tra queste, una databile al primo XII secolo, in cui si riscopre finalmente il primo nome certo di un Arcivescovo arborense: Alberto.
Se, infatti, rimane ancora anonimo il primissimo metropolita oristanese, menzionato da Urbano II (+1099) nel privilegium protectionis, possono essere formulate alcune ipotesi. Si può forse riconoscere in Alberto il prelato citato tra il 1116 e il 1118, prima nell’atto di consacrazione della chiesa della SS. Trinità di Saccargia e poi nella vertenza tra l’arcivescovo di Cagliari Guglielmo e i cassinesi. La carta si mostra, contemporanea al problematico documento col quale si apre il condaghe, poiché redatte entrambe per conto del giudice Costantino de Lacon e della consorte Anna de Zori.
L’atto, considerato oggi una costruzione ad hoc, realizzata per raccogliere e giustificare i possedimenti del monastero, cita infatti un altrimenti sconosciuto arcivescovo Omodeo e si data al 1110 ca. Siamo all’alba di un momento cruciale per la storia dell’Arcidiocesi: quello della sua costituzione, ma anche della costruzione della cattedrale di Oristano (ante 1131) e delle altre per le sedi suffraganee: Terralba, Usellus e Santa Giusta.
Quest’ultima, monumento principe del romanico locale, testimonia i fasti di quei secoli. Frammenti lapidei, documenti, disegni, permisero già nel 2013 di ricostruire le vicende dietro questi cantieri romanici e di collocarli sotto il regno del munifico giudice Costantino. Questi risulta fondatore della perduta chiesa di San Nicola di Gurgo a Oristano, ricordato dal nipote Barisone nell’atto di donazione del 1181 ai benedettini di Montecassino. La piccola chiesa, nota da un disegno ottocentesco, rimanda all’opera delle maestranze pisane attive nel cantiere di Santa Giusta, educate in quello del transetto della primaziale di Pisa. Vien da chiedersi: è alla presenza dell’arcivescovo Alberto che fu consacrata la prima cattedrale della città?
Per comprendere il clima che si doveva respirare in quegli anni nella capitale del Giudicato, esamineremo un altro dato riemerso dal condaghe. Nel 1183, il giudice Barisone si adopera per una donazione al priorato di Bonarcado con la sposa Agalbursa. L’atto viene rogato nel palazzo arcivescovile di Oristano, presso il quale il giudice risultava risiedere. Il dato trova riscontro nel documento del 1189 in cui il giudice Pietro I conferma le donazioni ai mercanti genovesi nel loro portus, che sorgeva davanti all’arco del palazzo arcivescovile, lungo l’attuale via Ciutadella de Menorca.
Ma il palatio archyepiscopi esisteva già nel 1157, quando Barisone dona ad Agalbursa terre e diritti in occasione del loro matrimonio. Gli atti della scrivania giudicale vengono quindi redatti presso la curia arcivescovile, dove la corte risiede. Si tratta di importanti conferme rispetto a quanto proposto da Maria Grazia Mele, che ipotizzava una prima fase di stanziamento della curia regni in un’area vicina al palazzo arcivescovile. La corte arborense si è ritenuta itinerante, come in altri contesti europei. Ma la curia regni, residenza dei giudici in Oristano, sorgeva nell’area Nord-Ovest dell’antica pratza de sa Majoria, l’attuale piazza Manno.
Qui nel tardo Cinquecento vennero edificati la chiesa e il convento di S. Giovanni Evangelista. La curia regni (i cui locali saranno inglobati nella curia de spendio) viene poi lentamente sostituita dal nuovo palazzo regio, sorto invece sul lato orientale della piazza, la cui prima citazione risale alla visita dell’arcivescovo di Pisa, Federico Visconti (1263), poi in funzione nel Trecento. Le riqualificazioni degli edifici si susseguono rapidamente: già nel 1282 è noto il palatio novo archiepiscopatus Arboree, sul luogo di quello precedente ed anche, con straordinaria continuità, di quello attuale.
Ci troviamo anche di fronte alla costruzione di una delle prime pubbliche piazze dell’area mediterranea, sotto il regno dell’illuminato sovrano Mariano II (+1297). Sulla piazza, oltre agli edifici citati, si affacciavano il complesso fortificato con la torre di San Filippo e la porta urbica, ma anche un loggiato con coperture voltate, già messo in evidenza dalle ricerche di Maura Falchi. Niente da invidiare, dunque, alle città comunali italiane. I lavori di ripristino della piazza attualmente in corso, però, risultano un’occasione persa per la tutela del patrimonio della città.
E così, per immaginare l’Oristano del Medioevo, ancora una volta ci si dovrà accontentare delle ipotesi formulate dagli studiosi.
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