Venerdì, 08 Dicembre 2023

Tra i relatori dell’interessante mattinata informativa organizzata dal Comune di Oristano per le 9,30 di venerdì 21 dicembre sul tema delle adozioni e degli affidi, c’è anche la dott.ssa Daniela Contu, psicologa e coordinatrice del Centro Affidi e Adozioni del PLUS di Oristano...

a cura di Mauro Dessì

Con un’esperienza ventennale alle spalle in termini di collaborazione nei vari ambiti dei servizi sociali, la dottoressa Contu coordina il servizio oristanese dall’aprile del 2018 coaudiuvata dalla psicologa Silvia Congiu e dall’assistente sociale Laura Atzori.

Dott.ssa Contu, che tipo di servizio offre, oggi, il centro Affidi e Adozioni di Oristano che lei coordina?

Il nostro servizio è oggi un riferimento non solo per la città ma per tutto il territorio. Da aprile 2018, periodo in cui il servizio è stato attivato, il centro è cresciuto molto. In venti mesi abbiamo preso in carico circa quaranta situazioni tra nuclei e minori. Tra adottati, affidati, e in attesa di affidamento sono una ventina i minori che stiamo seguendo. Sono nove gli abbinamenti attuati con famiglie che si sono rese disponibili all’accoglienza. Si tratta di numeri decisamente importanti rispetto alle medie generali a dimostrazione di un servizio che è molto concreto ed efficace. Ma è un centro, il nostro, che sta diventando sempre più un riferimento in termini anche di informativa, di ascolto, di accompagnamento.

I recenti scandali sul tema degli affidi e adozioni scoppiati in alcun centri della penisola non hanno avuto ripercussioni sul servizio da voi offerto?

In termini di efficienza e operatività, direi di no. Certamente possono aver intaccato il pensiero in termini di opinione pubblica. Per questo motivo, non smettiamo di promuovere attività di sensibilizzazione come la giornata informativa di venerdì 21 dicembre promossa dal Comune di Oristano. Ma non smettiamo neppure di far conoscere la realtà dei fatti attraverso una proposta di servizio seria ed efficiente basata su un’azione di sistema che vede coinvolte diverse realtà come lo stesso nostro centro, i servizi sociali, le famiglie di origine, le famiglie di arrivo, il tribunale.

Quali aspetti vengono evidenziati nel vostro lavoro di sensibilizzazione?

Sensibilizzare, oggi, diventa importante innanzitutto perché il numero delle famiglie disponibili agli affidi, cioè ad accogliere “a tempo” e disponibile alle adozioni di bambini più grandi rispetto alla fascia della tenera età è inferiore al numero delle richieste. Diventa poi importante sensibilizzare per dare una informativa corretta rispetto alle normative che sono sempre in divenire. Così come è necessario sensibilizzare e far conoscere il tipo di servizio per abbattere le false credenze come quelle, per esempio, che i bambini vengano tolti alle famiglie in stato di povertà o indigenza, cosa assolutamente falsa, o che gli iter necessari per l’affido o le adozioni siano così lunghi da scoraggiare chi intende intraprendere un percorso di questo tipo.

In riferimento a questo ultimo aspetto, ovvero a chi si lamenta di tempi lunghissimi in risposta alle richieste fatte, può chiarire quali siano i passaggi obbligatori e indicare i “veri” tempi di realizzazione per le adozioni?

Per quanto riguarda l’adozione nazionale, le famiglie non fanno una richiesta ma esprimono una loro disponibilità ad accogliere. E, spesso, questa disponibilità è ristretta ad alcune fasce come quelle della tenera età. Però non è automatico che ad ogni disponibilità ci sia il bambino da adottare. È davvero importante sottolineare che la legge è stata attuata non per dare figli alle famiglie ma per dare una famiglia ai bambini che non ce l’hanno. C’è un ribaltamento di ciò che invece spesso passa attraverso il messaggio comune che ci debba essere un bambino per tutti. Lo stato si servirà di quella disponibilità solo se c’è bisogno e solo se ci sono le condizioni necessarie perché quella famiglia possa essere quel luogo accogliente e vitale per il bambino in stato di abbandono.

Per quanto riguarda l’affido, invece, cambiano le condizioni?

Sì, assolutamente. Intanto stiamo parlando di una disponibilità ad accogliere in via temporanea, massimo due anni, indica la legge. E ci si riferisce a bambini o ragazzi non in stato di abbandono ma che stanno vivendo dei momenti critici legati alla fragilità di una famiglia che necessita di un percorso riparatore per poter vivere la genitorialità nella maniera più accogliente possibile. E i bambini o ragazzi dovranno e potranno tornare nel loro nucleo d’origine. Ecco, dunque, che attraverso un percorso consensuale, organizzato da un’azione di sistema, o un’azione giuridica predisposta dal tribunale, si avvia un iter che necessita di passaggi finalizzati alla preparazione dell’affido stesso. Quale tipo di nucleo, quali competenze, quali risposte ai bisogni del minore e della famiglia in difficoltà. Un iter non tanto lungo ma necessario e indispensabile e soprattutto fatto in sinergia tra Centro affidi, Servizi sociali, famiglia d’origine, nucleo che accoglie, tribunale. Mai un unico sguardo ma l’osservazione di più enti perché l’esperienza sia la più efficace per la vita del minore e della sua famiglia d’origine.

 

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